Santa Liberata (di Andrea Ravo Mattoni)
Sito n. 54 del Museo Diffuso
Particolare del volto del dipinto su tela raffigurante Santa Liberata. Andrea Ravo Mattoni, 2019, bombolette spray su tela in pvc, 2 x 1,5 m. L’opera, di proprietà della Parrocchia e non accessibile al pubblico, proveniva dall’omonima chiesa che si trovava in Via Lombardia e che venne sconsacrata e trasformata in edifico privato nel corso del 1800. Il dipinto originale mostra una giovane donna in piedi, vestita con ricche vesti gialle e verdi, un mantello rosso, orecchini di perle e un prezioso fermaglio sul petto. I capelli raccolti e coperti da un panno chiaro avvolto intorno alla testa, il volto e lo sguardo sono rivolti alla sua sinistra verso il cielo. La santa tiene in braccio a destra un neonato completamente avvolto da fasce bianche, la mano sinistra è appoggiata ad un piano di roccia su cui appare un altro bimbo addormentato con una veste bianca. Lo sfondo scuro non permette di definire con certezza l’ambientazione della scena, sembra trattarsi di un paesaggio naturale con alberi e rocce. Ad Angera il culto di Santa Liberata sopravvisse a lungo, era venerata quale nutrice e protettrice contro i pericoli del parto e delle malattie infantili. Fino a pochi anni fa, le donne di Angera, Capronno, Cadrezzate, Ispra e di numerosi comuni vicini, si riunivano ancora il 18 gennaio per un pranzo in suo onore, riservato alle sole donne sposate o prossime al matrimonio, la festa delle Donne! La storia di Liberata è antica e complessa, diverse sono infatti le sante che portano questo nome, ma tutte hanno in comune il fatto di essere accompagnate nel culto da sorelle o da altre sante con cui tutelano la salute dei nascituri e delle partorienti. La preghiera alla santa recita inequivocabilmente: Liberata, fa’ che l’uscita sia dolce come l’entrata. Sembra che la venerazione della Santa e delle sue sorelle sia la trasposizione cristiana di un culto pagano millenario, legato ai cicli di nascita, destino, morte e rigenerazione, il culto delle dee Matronae, protettrici delle madri e dei bambini, chiamate anche Fatae, perché in grado di prevedere il fato, il destino del nascituro. Tale culto è attestato ad Angera e nel territorio da almeno 2000 anni, come testimonia un importante altare romano rinvenuto ad Angera e oggi esposto presso il Museo Archeologico di Varese, in cui le dee danzano tenendosi per mano sotto ad una quercia. Vedi sito n. 49 del Museo Diffuso di Angera - www.angera.it